Museo Archeologico di Castro

"Antonio Lazzari"

Menu

Approfondimenti

L'archeologo Marco Leo Imperiale, dell'Università del Salento, studia le anfore bizantine ed i commerci tra Castro ed Otranto

mercoledì 21 giugno 2017

Castro in età bizantina: le ceramiche dallo scavo in località Capanne

Lo scavo di località Capanne ha fornito uno spaccato delle attività quotidiane e delle reti commerciali in cui Castro era inserita durante l’età bizantina. Infatti, tra i depositi sovrapposti che avevano parzialmente interrato l’accesso della porta urbica di età ellenistica, sono stati identificati anche butti di manufatti rotti o deteriorati e rifiuti organici (ossa animali etc.) stratificatisi nel corso dell’VIII e IX secolo d.C.

Dallo studio di questi materiali, si evince che la piccola città portuale era efficacemente inserita in sistemi di scambio commerciale che coinvolgevano il Salento, le opposte sponde del Canale d’Otranto, gli altri territori affacciati nell'area ionica e adriatica e l’Oriente bizantino. L’indicatore principale di questi traffici sono le anfore, all'interno delle quali venivano trasportate derrate alimentari quali olio, vino, salse di pesce o anche alimenti aridi. Parte di questi recipienti erano stati prodotti nella Puglia meridionale bizantina e in particolare ad Otranto, dove era attiva un’area artigianale, verosimilmente composta da alcune botteghe, in cui si produceva vasellame d’uso domestico e contenitori per il trasporto marittimo. In quantità minore, nei contesti bizantini di Castro sono stati rinvenuti frammenti relativi ad anfore prodotte nell'Egeo, pentole di produzione illirica, ovvero fabbricate nell'odierna Albania, e almeno un frammento di ceramica ‘a vetrina pesante’. Con questo termine gli archeologi identificano una serie di forme in ceramica di maggiore pregio e adoperate per specifiche esigenze, quale lo scaldavivande; esse sono caratterizzate da un rivestimento lucido a base di vetro e ossido di piombo e, in alcuni casi, da decorazioni plastiche applicate sulla superficie.

I contenitori da trasporto rinvenuti fanno parte della vasta famiglia delle cosiddette ‘anfore globulari bizantine’, databili tra la seconda metà del VII e il IX secolo d.C. Questi manufatti proprio negli ultimi anni sono state oggetto di vari studi da parte degli archeologi che operano in Italia e nei paesi interessati in passato dalla dominazione bizantina, dal momento che attraverso di esse oggi è possibile almeno in parte riscrivere la storia dei rapporti tra il mondo bizantino, le aree periferiche dell’Impero e i territori confinanti. Anfore di questo tipo sono state identificate anche nei territori longobardi e, con ogni probabilità, esse venivano condotte in quei territori attraverso una fitta rete commerciale che, in Adriatico, poteva contare anche sul porto di Castro.


marco.leoimperiale@unisalento.it